28/10/09

All down the Line

Il mondo con gli occhi di un bimbo:
vorrei ancora quella visione pura, in bianco e nero,
dove i contorni delle cose sono limiti invalicabili,
senza gli spazi fra le parole,
le virgole a fare da spartitraffico.
“Cos'è un uomo?”,
domandai a mio padre,
ricordo che gli alberi
straripavano oltre i marciapiedi,
“i suoi argomenti, le lotte?
Le solitudini vinte,
le compagnie che cambiano,
i volti sempre uguali?
Credere in Dio e non nell'uomo,
e un momento dopo
credere nel contrario?”
Vorrei avere sempre
una canzone,
da legare al dito,
per ricordare:
“E' quello che trasforma
la notte in giorno,” disse,
“pura magia,
probabilmente,
o forse un'equazione.
Imparane la soluzione,
e usala quando ti serve,
è la linea che marca
il territorio
fra te e il Domani.”
Lo farò, senz'altro,
quando sarà
il momento,
bagnandola
di Rock n' Roll.

Ti Amo Samanta

Buon 28 Ottobre Amore mio

26/10/09

Ali d’Acqua II

Water Wings 03

“Se tutti avessero un Oceano..."

- La senti quella musica, Gracelyn?
- La sento, Gabriel.
- Viene da laggiù, da qualche parte della città, o forse...
- Viene dall'Oceano, e la città la riflette, come se ogni nota fosse un’onda, ogni pausa un contrappunto, ogni...
Grace sorrise, sollevando lo sguardo verso il cielo sopra il cielo, oltre l’atmosfera azzurrina che delimitava lo spazio della spiaggia bianca che era una nuvola, ma allo stesso tempo uno scoglio. Si fece più vicina all’Arcangelo, appoggiando la testa sulle spalle di lui. Gabe seguiva la melodia mormorandola con un filo di voce, mentre batteva leggermente il ritmo sulle labbra con le dita.
- ...ogni strofa un poema ancora da scrivere - concluse Gabriel.
L’Ondina sorrise ancora, stringendosi a lui sul divano rosso, sospeso sulla bianca superficie del nembo - Si, è così che la sento cantare, fra l’Oceano e la Terra, le onde e le case.
- Canta della fine della scuola, del tempo che si ferma e i giorni diventano infiniti, e assi da surf, e cittadelle nel cielo...
- Canta dell’inizio dell’estate, del tempo che regala un secondo per ogni ora che passa, e risate sottomarine che diventano energia...
- Giù in città è iniziata, Gracelyn. Non ho più dubbi.
- Anche negli Oceani. Come avevano profetizzato i Padri.
- Come disse il Capo... - Gabe sollevò il pollice e lo sguardo in alto.
Grace ridacchiò, con la sua voce verde smeraldo intonata col sorriso che le illuminava lo sguardo -Avremo il nostro daffare, penso.
- Già. Ma il mondo sopravviverà, alla fine, no?
- Lo ha sempre fatto, amore - rispose l’Ondina scalza, chiudendo gli occhi e iniziando a canticchiare quella canzone dei Beach Boys.

Sopra l'Oceano

Quando vide Gabe per la prima volta, in un piccolo, ma accogliente diner sulla Pacific Coast Hwy, fra L.A. E Frisco, Grace pensò fosse un tipo strambo, di quelli che se ne stanno per i fatti loro, e non sorridono molto. Ma che, comunque, avesse qualcosa di interessante da raccontare, a chi con pazienza l'avesse ascoltato.
Aveva subito notato la Nikon sul tavolo, poggiata distrattamente accanto a un taccuino e al pacchetto di rosse, e pensò quel tipo dall'espressione seria, che quasi intimoriva, perché chissà a quali pensieri sovrastava, fosse un reporter, un giornalista, qualcosa del genere. Ne incontrava continuamente, per lavoro, e lui aveva qualcosa che le rammentava un indagatore dei sottosistemi del reale -un'espressione che le era sempre piaciuta, da quando le era venuta in mente, durante una riunione con alcuni esponenti di Greenpeace, e usava spesso, quando rifletteva tra sé sulle meccaniche, talvolta assurde per lei, del mondo di superficie.
Passando accanto al tavolo dove l'uomo sedeva, intento a bere il suo caffè, Grace vide che, vicino alla reflex, e al pacchetto di sigarette, c'erano delle foto, che raffiguravano luoghi a lei familiari. Viveva ormai da tanto tempo a L.A. Che non poteva non riconoscere, per esempio, Sunset Blvd., Glendale, Burbank. Incuriosita si fermò accanto al tavolino del reporter, e gli chiese se le avesse fatte lui, quelle foto.
Gabe rispose di si.

A questo pensava, mentre, comodamente allungata sulla poltroncina di prima classe del volo Los Angeles-Sidney, i piedi liberati dalla scomoda tortura delle costose scarpe di pelle, ascoltava in cuffia una selezione musicale di Rock FM, piacevole e non intrusiva. Non era un vezzo da grande manager, quello di viaggiare sempre nella maniera più confortevole possibile. La sua natura marina lo richiedeva, e durante i viaggi elaborava le strategie più efficaci per dare il proprio contributo, attraverso l'operato della Star-Shaped Seashell org., la società che dirigeva, per il miglioramento della qualità della vita di un pianeta minacciato da troppi disequilibri. E comunque pagava di tasca propria tutti i numerosi spostamenti che la carica (e la sua missione) richiedeva.
Mentre l'aereo si avvicinava all'Australia, sorvolando quell'Oceano Pacifico che era la sua casa, e dove, nelle profondità, abitava il suo popolo, Grace pensò alla crisi che - come aveva confermato Gabriel - era iniziata. Avrebbe coinvolto mare e terra, e probabilmente anche il cielo. Ma era sicura, e la convinzione veniva rafforzata dalla sicurezza con cui Gabe le aveva parlato, poche ore prima, sedendo accanto a lei, e abbracciandola, sulla loro nuvola che somigliava a uno scoglio, che un Angelo e un'Ondina, e tutte le forze della Luce, avrebbero protetto il pianeta dalle spire multidimensionali del Kraken, e delle sue legioni di incubi dilaganti.

20/10/09

Ali d’Acqua I

Water Wings 01Gabriel prende il caffè

Nemmeno il tempo che il caffè finisse di salire, riempendo la moka, e il telefono squillò, richiamando Gabe all’ordine del reale. Allungò distrattamente la mano sul tavolo, tastando in cerca del cellulare, mentre gli ultimi brandelli del sogno scivolavano via dietro le palpebre socchiuse.
- Pronto? - disse, con la voce impastata delle 7.00 del mattino.
- Ancora a casa? - disse la voce bassa e ferma, esplodendo dal Nokia, che Gabe allontanò istintivamente dall’orecchio. Come faceva a essere sempre così energico, a quell’ora, il Capo, era una di quelle domande che, probabilmente, non avrebbero mai avuto risposta.
- Che vuoi, Steve?
- Muoviti a caricare la Nikon e vai a questo indirizzo...
- Aspetta... dove cazzo... - mormorò Gabe, alzandosi dalla sedia e cercando un pezzo di carta e una penna, che trovò, infine, al loro posto assegnato, sulla credenza verde di fronte al frigorifero.
- Dimmi Steve... - riprese, tornando a sedere, poggiando il foglio sulla coscia, in attesa che il Capo gli dettasse l’indirizzo.
- Gabe - disse Steve, con un tono serio, una volta date al suo fotografo di fiducia, e amico di lunga data, tutte le indicazioni necessarie - è una brutta storia. Preparati...
Gabe si umettò le labbra con la lingua, già pregustando il primo dei due caffè del mattino, con relative sigarette a seguire - Non sono un pelomoscio, Capo. Direi che ne ho viste, nel mio mestiere, no?
- Non così, Gabe, credimi.
- Metterò gli occhiali da sole, Steve, non preoccuparti per me - concluse il fotografo, chiudendo la conversazione.
Mentre si versava il caffè nero bollente nella tazzina di vetro, preparò mentalmente la lista delle cose da prendere: la Nikon, almeno cinque rullini da 24 scatti, i flash, perché anche in esterni possono servire, le sigarette e due bottiglie di acqua. Prevedeva sarebbe rimasto fuori fino a sera, e non sapeva se avrebbe avuto tempo per cercare un supermercato. Terminato il lavoro per Steve, sarebbe iniziato quello per l’altro Capo. Quello che sa tutto, ma non dice nulla, perché le cose devono andare liberamente per il loro verso. Una verità che un Angelo impara ad accettare da subito, specie uno in missione, come Gabriel.

Mentre si accendeva la prima sigaretta, chiuse gli occhi, e ogni atomo del suo essere si scisse, in materia ed energia. La materia rimase seduta sulla sedia, fumando lentamente la Marlboro, l’energia volò fino a una nuvola, che somigliava a uno scoglio, dove un’Ondina salutò il suo Angelo con un sorriso d’arcobaleno.

Grace conferma un appuntamento

Le notizie che arrivavano da varie parti dell’universo marino non erano incoraggianti. Erano pessime, per dirla tutta. Grace scorreva le pagine sullo schermo 17” alla sua destra, e contemporaneamente rispondeva alle decine di mail che affollavano quello alla sinistra, più piccolo, ma di maggior risoluzione. Ogni tanto tirava indietro il busto, appoggiandosi sullo schienale della poltroncina, tamburellando con le dita sulle labbra, un’espressione concentrata e leggermente preoccupata le aggrottava le sopracciglia ben rifinite, oscurando gli occhi verde intenso.
- Capo? - la voce metallica dell’interfono la scosse dai suoi pensieri. Allungò la mano per ricevere la comunicazione.
- Si, Frances, che c’è? - chiese, continuando a fissare gli schermi che brillavano di fronte a lei.
- Ha chiamato Devereaux. Vuole sapere se può confermare l’appuntamento.
Grace si alzò dalla poltroncina, percorrendo il breve spazio che separava la sua scrivania dalla parete alla sinistra, occupata da una mappa del pianeta di grandi dimensioni. Su diversi punti degli oceani erano segnati dei piccoli cerchi a matita, e Grace li percorse seguendo con l’indice un immaginario tracciato che li collegava.
- Capo? - di nuovo l’interfono. Grace voltò la testa verso la scrivania, illuminata dalla luce tremolante degli schermi. Amava tenere il suo ufficio in penombra, durante l’estate, e ben fresco. L’unica fonte di luce erano i monitor sulla scrivania, e le linee nette tracciate sul pavimento dal riflesso del Sole attraverso le veneziane socchiuse, che si muoveva man mano che la giornata procedeva. A quell’ora, le 9.00 del mattino, occupavano la parte prospicente la scrivania di mogano e alluminio, quella che dava sulla porta del piccolo bagno vicino all’ingresso.
- Si, Frances, conferma l’appuntamento. Domani alle 4 del pomeriggio, ora di Sidney.
- Bene.
Il clik dell’interfono che veniva spento risuonò metallico nel silenzio dell’ufficio. Grace tornò a studiare la mappa del pianeta. Diverse anomalie magnetiche che stavano provocando un piccolo disastro ecologico, sfuggito, per ora all’attenzione generale, proprio per la sua delocalizzazione, e la limitata estensione delle zone interessante. Ma in quelle zone ogni forma di vita era stata distrutta. Il gruppo di Devereaux stava facendo ricerche avanzate nella zona formatasi nel Sud Pacifico. Domani avrebbe visionato anche lei i risultati. E subito dopo avrebbe avvertito il suo Popolo, che abitava nelle profondità sottomarine.

Tornò a sedere sulla poltrona, chiuse gli occhi, e in pochi istanti fu sullo scoglio, che somigliava a una nuvola, dove l’Angelo che possedeva il suo cuore, le sorrise, salutandola. Rispose sorridendo a sua volta, e accarezzandogli i capelli, mentre sedeva vicino a lui e gli prendeva la mano.

16/10/09

Ali d’Acqua – Un Prologo, anzi, due

Water Wings Prologo

Canto urbano di Ondine ed Esseri Alati

Catturo istantanee di realtà, lo faccio per mestiere, mi pagano, due volte mi pagano. Mi paga l’agenzia per cui lavoro, la Electric Eyeshot Inc. -non cercatela sull’elenco, non la trovereste- e mi paga il Capo, anche se lo stipendio, in questo caso, non lo riscuoterò che il Giorno del Giudizio.
E’ un lavoro interessante, il primo; una missione faticosa, la seconda. La città è piena di zone d’ombra. E a volte le foto risultano sottoesposte. Ma non ho mai fallito uno scatto, e non penso succederà mai. Ho due buoni supervisori, il primo con la pancetta, suda molto e fuma troppo. L’Altro, beh, Lui le ha viste tutte. Ma proprio Tutte, dico.
E poi c’è la mia Ondina, che sta sempre con me, anche quando siamo separati, su una nuvola che somiglia a uno scoglio.
Mi chiamo Gabriel. Per gli amici, Gabe.

La mia Società, la Star-Shaped Seashell org., ha come fine la preservazione e continuità di specie marine a rischio, e collabora strettamente con organizzazioni internazionali. Per cui sono spesso in giro per il mondo, o percorro le rotte d’acqua degli oceani. La mia sede è comunque qui, in città, una città che amo, con tutte le sue contraddittorie canzoni, la sua complessa personalità.
E amo il respiro che, la sera, dopo una giornata pesante e veloce, mi accoglie, il sussurro del vento che mi accarezza, rientrando a casa, dove posso liberare i piedi dalle scarpe, e il viso dal severo cipiglio di Direttrice Generale, poi affacciarmi scalza sull’assoluto del mare, che vedo aprirsi dalla mia finestra, oltre la prospettiva dei tetti.
E stare insieme al mio Angelo disordinato, anche quando siamo lontani, su uno scoglio che somiglia a una nuvola.
Mi chiamo Gracelyn, ma tutti mi chiamano Grace.

 

California Robi di Roberto Sonaglia e tutti i contenuti sono di proprietà dell'Autore. Ogni riproduzione non autorizzata sarà perseguita ai sensi della Legge 633, 22/4/41 e successive modifiche.